domenica 12 aprile 2009

La Fabbrica dei Sogni [Parte #1]

Era davvero un gran bello spettacolo quello che Athan Keller si stava perdendo. Dall’esterno tutto era perfettamente normale, o almeno lo sarebbe stato per qualsiasi osservatore, ma di osservatori non ce n’erano. Dall’interno della casa, invece, era tutto perfettamente visibile, ma lui stava beatamente dormendo. Oltretutto, ciò che stava accadendo non turbava minimamente il silenzio che accarezzava la tranquilla radura in questione.
Era un branco di candidi falò lampeggianti quello che correva sul buio prato montano. In tutte le direzioni bagliori bianchissimi zigzagavano, velocissimamente, senza avere una meta precisa. Ogni tanto qualcuna di quelle rapidissime scie si fermava tanto a lungo da poter mostrare le sembianze di un animale; e poi di nuovo si metteva a saettare sull’erba, come impazzita, come sparata dalla canna di un fucile.
Non era mai lo stesso animale: ogni bagliore, quando si fermava, assumeva una forma diversa, ma tutti sembravano fiammeggiare di un freddo fuoco bianco.
Era un evento del tutto eccezionale: qualunque occhio umano sarebbe stato incantato da un simile scatenarsi di dardi abbaglianti, nella più scura delle notti, nel più freddo dei posti, nel più quieto dei prati, sotto le stelle più lucenti. Potervi assistere era un privilegio e una fortuna non da poco, tanto che in passato qualcuno aveva anche pianto dalla commozione e dalla gioia. Ma in questo caso, l’unico che avrebbe potuto vedere, era indaffarato in tutt’altra attività. Nella fattispecie in un ritmico rumoroso ronfare. Eppure il sonno di Athan era in qualche modo collegato a quello straordinario trionfo di lampi.
Aveva sbloccato qualcosa, solo che ancora non lo sapeva. Nel giardino di sotto stava succedendo l’irripetibile, eppure lui per forza di cose non poteva essere presente; anzi il suo dovere era proprio quello di continuare a dormire.
Si trovava in un’enorme prateria, dove solo il vento sembrava esistere, a parte l’infinita distesa d’erba che faceva ondeggiare. E lui ovviamente.
Si sentiva felice. Fu ciò che provò all’inizio.
La scena era riscaldata da un bel sole vigoroso e l’aria era gradevolmente fresca.
Da molte notti ormai gli capitava di sognare quel luogo, a fasi alterne, ma quella notte accadde ciò che doveva accadere, finalmente.
Vide, nel giardino, il giardino che si trovava nella sua mente e in nessun altro luogo, la creatura infuocata. Era stupito, ma non spaventato, e del resto era solo un sogno. La creatura gli dava le spalle ed egli si mise in cammino. La voleva raggiungere. Non ne sarebbe stato interessato nello stesso modo se fosse stato reale; però si fece avanti, volto a scoprire cosa fosse quella bestia. E mentre camminava, a ogni passo l’animale era più vicino; e il cielo sempre più scuro. L’erba diventava terra; l’aria si faceva umida e pesante; un temporale stava per scatenarsi, questo era certo. Ma sia Athan che la bestia erano perfettamente quieti e spensierati. Come se il velo di ombra che stava calando su tutto il paesaggio, fosse ordinario, necessario. La candida creatura che ardeva dell’unico fuoco che non brucia sedeva, fissando un orizzonte sempre più nero. Athan non si curava di nulla, voleva solo toccare quella fiamma. Ormai mancavano pochi passi.
Le prime gocce d’acqua scesero; il primo fulmine tuonò. In un lampo, la bestia, bianchissima, si drizzò in piedi, e saettò nell’orizzonte, perdendosi, prima che Athan potesse toccarne il fuoco. Il sogno terminò, ma lui continuò a dormire.
Esplose un boato, e fu allora che si svegliò, di soprassalto. Non diede molto peso a ciò che aveva udito, come non si dà peso a nulla di strano che avvenga durante il sonno. Si convinse in pochi istanti di esserselo sognato. Accanto al letto su cui immobile giaceva, erano impilati una serie di libri di vari colori e diversissime dimensioni. Grossi quaderni a ganci dalla copertina di stoffa azzurra, piccoli diari rivestiti di pelle, sottili libretti variopinti, scarabocchiati con una calligrafia appena leggibile, acuminata e spezzata come se la mano da cui era uscita avesse voluto aggredire i fogli, pagine sparse, spiegazzate e strappate, o ingiallite; libri rovinati vecchi di chissà quanti anni, contenenti informazioni che a quasi nessuno interessavano. Informazioni raccolte perlopiù dal vecchio Lysander Hilger, il precedente inquilino dell’abitazione. L’intento di Athan era quello di scoprire come mai, all’improvviso, quando nessuno mai se lo sarebbe aspettato, il signor Hilger scomparve dalla circolazione. Cercò ovunque, nella casa, biglietti, diari e messaggi del vecchio, in cui dichiarasse di voler andarsene o volerla far finita. La polizia aveva già indagato, e archiviato il caso da molto tempo, ma Athan era sicuro di poter trovare qualcosa che alle Forze dell’Ordine fosse sfuggito. Aveva conosciuto Lysander da bambino, ci aveva passato diversi momenti, anche giocandoci e divertendosi, e non riusciva a capacitarsi del fatto che fosse sparito. La faccenda, lo sapeva, lo riguardava, in qualche modo. E voleva venirne a capo.
Ma non adesso, non questa notte, naturalmente. Aveva sonno e voleva dormire, dimentico del sogno appena vissuto.
Ebbe la spiacevole sensazione di essersi perso, quando attraversò il sentiero sconnesso tra le due enormi rocce piatte. Stava inseguendo qualcosa, pensò, ma all’improvviso si chiese come mai fosse giunto in quel posto di cui non aveva memoria, dove le nude pietre erano tutte testardamente identiche, dove non si sapeva minimamente orientare. Athan sentì le viscere appesantirsi; c’era afa, e il cielo era così minaccioso che pareva essere sull’orlo dell’ira. Si voltò, ma niente di ciò che vide gli ricordò quale fosse la strada. E Athan si trovò a vagare per la desolazione di quel luogo senza passato, tentando di fare dei propri passi senza meta la strada di casa.
Se prima aveva solo timidamente piovigginato, ora l’ira del cielo cominciò a rovesciarsi sulla terra, e il povero malcapitato fu tutto inzaccherato nel giro di pochi istanti. Il vento si fece gelido e iniziò a fargli male il viso, così cercò riparo in una grotta di fortuna. Si sedette e si raggomitolò su se stesso per far fronte al freddo; poggiò la testa sulle braccia incrociate e cominciò ad ascoltare il picchiettare dell’acqua, in attesa che smettesse.
Quando alzò la testa, la creatura fiammeggiante era lì, all’entrata della grotta, immobile, e Athan si chiese come fosse potuta giungere da lui senza fare il minimo rumore. Si mise una mano davanti agli occhi, poiché emetteva una tale luce da accecare, e la sua forma non era ben distinguibile. Si mosse, e si mise in cammino, sparendo aldilà della parete della grotta.
Athan non sapeva cosa fosse, e la pioggia era ancora molto forte, ma decise lo stesso di seguirla, come se dovesse completare un’opera intrapresa in tempi antichi.
Uscì fuori e si mise a correre nella pioggia, verso il bagliore. Realizzò con enorme stupore, accertandosi più volte che ciò che vedeva fosse vero, che dove passava la creatura non pioveva, e il terreno era perfettamente asciutto. Si tenne quindi vicino a essa quanto bastava per non infradiciarsi ulteriormente. La bestia saliva e scendeva dalle acuminate sporgenze rocciose con incredibile facilità, mentre il suo inseguitore si inerpicava goffamente, sdrucciolando più volte, per tenergli dietro. Arrivarono di fronte a una larga parete di pietra costellata di crepe e sporgenze. L’animale la scavalcò con qualche balzo, sebbene fosse alta più di cinque metri, e sparì alla vista.
Athan riuscì a scavalcare la roccia solo dopo molti tentativi e qualche rovinosa caduta. E quando fu in cima, vide un paesaggio del tutto diverso da quel buio ammasso di pietre grigie. Ebbe una forte vertigine: centinaia di metri sotto di lui si estendeva una vastissima pianura attraversata da un fiume, zeppa di siepi e fiori variopinti, alberi da frutto, piccoli laghetti e grosse rocce, e in lontananza era possibile scorgere la fiamma bianca. Come aveva fatto ad arrivare laggiù?
Athan si ritrasse dal precipizio, spaventato. Non sapeva che fare; evidentemente la creatura lo aspettava, ma non poteva certo balzare di sotto e aprire le ali. Di sentieri non ce n’erano, di discese nemmeno l’ombra. Rimase in piedi un momento, a pensare. Il cielo nel frattempo si era rasserenato. Il vento ora era molto più caldo, tanto che stare lì non portava più dubbi e paura nella mente di Athan, ma solo un temporaneo sollievo. La bestia ardente perseverava nello stare immobile al centro della pianura. Athan si sedette sulla rupe e iniziò a osservarla. Se da vicino era un forte bagliore di cui era quasi impossibile distinguere i tratti, da lontano non era altro che una piccola stella. Non ne vedeva gli occhi, ma era sicuro che anche l’animale lucente lo stesse osservando. E poi non lo vide più.
Più veloce di un lampo, si era spostato, fin sopra la rupe, alla destra di Athan. Ci mancò poco che cadesse di sotto dallo spavento. Non aveva ancora osato proferire parola, e non voleva farlo. Perciò aspettò di ricevere qualche ordine, o qualche segno. Il maestoso bagliore inaspettatamente fece un inchino, e Athan stava già per ricambiare quando si rese conto, vedendo che non si rialzava, che forse voleva solo portarlo in groppa. Decise di provare toccarlo, e gli si avvicinò. Fu come affondare le mani nella più morbida ovatta: era una bizzarra e bellissima sensazione, e Athan si issò sull’animale. Evidentemente aveva fatto quanto doveva fare perché in meno di un secondo era già in volo. Dapprima si sentì mancare il fiato ed ebbe un intenso capogiro; ma la lucente bambagia che stava cavalcando era piacevolissima, sicura, e la sorprendente velocità a cui Athan stava viaggiando in fondo era entusiasmante. Di sotto tutto fuggiva via confondendosi, a rapidità folle. Dove stesse andando non lo sapeva, ma si sentiva comodo e cullato, e non gli venne in mente di porsi problemi. Sapeva unicamente che doveva fidarsi di quella creatura, e solo di lei, qualunque cosa fosse accaduta, e seguirla ovunque fosse andata, anche in capo al mondo.

Scattò a sedere, come se qualcuno l’avesse infilzato nella schiena. Non era più seduto sulla candida bestia, ma sul suo letto. La stanza era esattamente come la sera prima: tutta in disordine. Ai lati del letto v’erano due grosse librerie colme di libri, e un guardaroba. Il cumulo di carte per terra sembrava implorare pietà. Niente era dove avrebbe dovuto essere, ma per Athan quello era del tutto normale. Certo, aveva un’inusuale concezione dell’ordine. Gli ci volle un po’, mentre fissava smarrito le cartacce illuminate da una fiacca alba, per realizzare ciò che aveva sognato, e in lui si accese come una lampadina.
Il ragazzo si catapultò giù dal letto e si mise a rovistare, sparpagliare e scavare come un minatore, in quella miniera di pagine. Tutt’intorno al letto si andava formando uno strato di carta che ben presto impedì ad Athan di potersi muovere adeguatamente. Ma alla fine trovò ciò che cercava: un vecchissimo diario dove mesi prima aveva casualmente trovato le parole “candida fiamma”, ed era sicuro che in esso era contenuto tutto ciò che voleva sapere. Si stese sul letto, il rosso diario rovinato, bordato di cuoio, tra le mani. Lo aprì casualmente e ci mise un po’ prima di trovare la calligrafia confusa e appuntita del vecchio Hilger.

15 Settembre
Continuo a rincorrere qualcosa che mi sfugge. Una bestia che brucia. Non riesco a raggiungerla. Stanotte l’ho sognato per la terza volta…credo.


1 Ottobre
Sono logorato da queste visioni. Sono stanco. Vorrei che non mi tormentassero più.


8 Ottobre
Sono stato da uno psicologo: per farla breve, mi ha detto che non ne sa niente. Sono preoccupato. Prendo appunti semmai qualcuno dovesse volere una base per diagnosticare una malattia.


17 Ottobre
Questa notte inseguire la bestia mi è stato particolarmente difficile. Ho dovuto attraversare un’intera giungla nella più fitta grandine, e alla fine sono giunto a un’enorme cascata e il sogno è terminato.


2 Novembre
Il sogno si è interrotto per qualche giorno. Ieri notte ha ripreso. Ero in un deserto, e la creatura correva dappertutto: non riuscivo a starle dietro. Mi chiedo per quanto ancora continuerà a sballottarmi di qua e di là. Francamente penso si stia prendendo gioco di me. Se mai esiste e ha volontà propria. Non escludo che possa essere la mia stessa mente a beffarsi di me.


6 Novembre
Questa volta ero su un baratro di cui non si vedeva la fine: mi sono arrampicato per qualche metro su una parete rocciosa che dava sul vuoto, seguendo quel maledetto bagliore che saltava su e ancora su come un ragno. Dove vuole arrivare?


21 Novembre
Le fasi in cui questo sogno ricorrente non si manifesta sono una manna. Tuttavia, durante questi periodi non sogno nulla. Assolutamente nulla. Quella candida fiamma si è impossessata del mio sonno.


4 Dicembre
Mi piacerebbe pensare che tutto sia finito. Ma continuo a non sognare più niente.


11 Dicembre
L’ho inseguita di nuovo. Questa volta in un giardino senza orizzonti con una grande magnolia nel mezzo. Ora colgo i dettagli con maggior facilità: nel sogno c’erano papaveri un po’ ovunque; il cielo era plumbeo; l’aria densa. L’ho seguita, finché sono arrivato a dover guadare un fiume e poi mi sono svegliato.


19 Dicembre
Torno a scrivere. Benché io abbia ormai provato di tutto, questo qualcosa non smette di accadere. Ma non mi arreca più rabbia, né tristezza. Ne sono ossessionato. Stanotte ho sognato di essere in un campo di granoturco; la luccicante creatura si staglia sempre sull’orizzonte come una statua abbagliante e vuole che la segua, lo intuisco.



24 Dicembre
Ogni sogno si fa sempre più particolareggiato. Ogni notte ho sempre maggior controllo su quanto accade. Questa notte ho accarezzato la creatura. È stato come toccare del cotone. Poi è sparita.


31 Dicembre
È tutto sempre più reale, come se stesse per accadere quello che deve accadere. Come se la mia rincorsa stesse finendo. Mi sto avvicinando a qualcosa, lo sento.


9 Gennaio
Allego un piccolo documento che tratta di questo disturbo. Con mia grande sorpresa ho scoperto che non ne ho avuto esperienza soltanto io. Ciò mi rincuora. Ho trovato questo documento in un vecchio libro che non ricordavo di avere.

Athan trovò un foglietto spiegazzato, ingiallito e sottilissimo, tanto che ebbe paura che gli si sgretolasse tra le mani nello spiegarlo.

Intorno al 30 d.c. quella che fu considerata una delle più bizzarre malattie della storia dell’umanità emerse tra i popoli europei, contagiando in particolare i Romani. La piaga, peraltro piuttosto contenuta, si diffuse sotto il regno dell’imperatore Tiberio. Fu chiamata in molti modi nel corso dei secoli, ma oggi pervengono a noi soltanto due nomi, forse i più comuni: il latino Fulgor Mortis, che rimase in vigore fino all’età medievale; e quello più recente, Astro Mortale. Chi ne veniva colpito, era sistematicamente colto, di notte, da un sogno ricorrente in cui era costretto a seguire una creatura candida e fiammeggiante.


14 Gennaio
Questa notte il mio inseguimento si è concluso in un giardino sotto una volta stellata. La creatura si è fermata e mi ha fissato a lungo.


Gli appunti del vecchio Hilger terminavano con quest’ultima annotazione. Athan sfogliò rapidamente le pagine del diario per controllare se ci fosse scritto altro, ma vide solo vuoti fogli giallognoli. Non si arrese: ora voleva a tutti i costi trovare il libro da cui era stato strappato quel sottilissimo foglio, certo che avrebbe scoperto dell’altro.

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